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«L’idea di questo spettacolo nasce da una
domanda che mi sono fatto: che senso ha la
violenza, così cruda e drammatica, nel tea-
tro greco? La risposta è semplice, risco-
prendo il ruolo del teatro come luogo di
empatia e distacco: gli antichi Greci infatti
utilizzavano le rappresentazioni come un
vero e proprio esercizio conoscitivo, of-
frendo ad ognuno la possibilità di essere
attraversato dal dramma e dalla violenza,
non come spettatore inerte, ma come
spec-
chio
, che assorbe e si lascia percorrere dalla
violenza e dai demoni rappresentati per
liberarsene». Così il regista, Angelo Tonel-
li, introduce al pubblico
Medea
, l’ultimo,
importante progetto della
Compagnia Tea-
tro Iniziatico Athanor
, che venerdì 25 mag-
gio era in scena al Teatro Astoria.
Le luci poi si spengono e davanti agli occhi
dello spettatore va in scena uno spettacolo
capace di colpire.
La scenografia semplice, ma ricca di picco-
li stratagemmi e piena della fantasia di Giu-
liano Diofili, fa da cornice ad una
Medea
innovat iva e di al to l ivel lo .
Risulta immediato e palese il duro lavoro
portato avanti dagli attori e dalla mezzoso-
prano Paola Polito, che è protagonista con
la sua voce nei momenti di maggior tensio-
ne, offrendo al pubblico i risultati dei suoi
sforzi di ricerca per musicare i passaggi più
importanti della
Medea
, riscoprendo sono-
rità arcaiche. Il grande lavoro di studio
dell’artista è palese, perché ogni volta che
si impone sulla scena offre uno spettacolo
sempre diverso, partendo dallo stile folklo-
ristico pastorale tipico dell’est Europa, pas-
sando per lo sciamanesimo siberiano e con-
cludendo con i versi classici di Euripide.
La
Medea
che ci troviamo di fronte, magni-
ficamente interpretata da Susanna Salvi,
riesce nuovamente a vivere nel suo dram-
ma di donna forte ed emancipata, artefice
del proprio destino, ma condannata a vive-
re nel pregiudizio antifemminista della
donna come strega e capace della crudeltà
più cruenta.
I temi classici di quest’opera, così antica, si
impongono come assolutamente attuali: la
contrapposizione tra maschile e femminile,
la questione del rapporto tra bene e male, la
condizione di tutte quelle donne che come
Medea sono vincolate tra due nature, non
propriamente streghe, non del tutto donne,
ma che compiono atti eclatanti pur di non
lasciare impunito un torto ricevuto.
Medea è consapevole della sua forza, ri-
vendica le sue gesta e i sacrifici fatti pur di
seguire Giasone a Corinto: ha abbandonato
il padre dopo aver ucciso il fratello e ha
aiutato il marito e gli Argonauti a conqui-
stare il vello d’oro. Nonostante ciò, dopo
alcuni anni, Giasone decide di ripudiala,
per poter sposare la figlia del re di Corinto,
Creonte. Medea è disperata e si lamenta
con il Coro delle donne corinzie
(interpretate dalle splendide Galliana Ba-
rabini, che ha indossato anche i panni della
Nutrice e del Messaggero, Fabiana Del
Bianco, Greta Di Sacco e Antonietta Gras-
si); la donna è talmente disperata da indur-
re il re Creonte a sospettare una vendetta e
perciò non esita a chiederle di lasciare Co-
rinto. Presto, nel cuore di Medea, la triste
disperazione lascia spazio all’astuzia e il
dolore la porta ad ideare una crudele rap-
presaglia, che una figura metateatrale inter-
pretata da Michele Karuz tenta vanamente
di stornare. Convinto Giasone a intercedere
per lei presso Creonte, ottiene di restare a
Teatro
A Lerici rivive la catarsi greca:
recensione di
Medea
messa in scena al teatro Astoria il 25 giugno con la regia di Angelo Tonelli
di
Doris Fresco
Corinto ancora per un ultimo giorno, e otte-
nuta da Egeo, re di Atene (interpretato, co-
me Creonte, da Luigi Armelloni), la pro-
messa di ospitarla nella propria città, si
finge rassegnata e manda in dono alla riva-
le, la futura sposa di Giasone, una corona e
una veste imbevute di veleno. Una volta
indossati, i doni di Medea, portano alla
morte non solo la ragazza, ma addirittura il
re Creonte, accorso ad aiutare la figlia.
La vendetta di Medea però non si conclude,
la donna infatti decide di infierire ulterior-
mente nei confronti del marito e, con infi-
nita tristezza, uccide i suoi stessi figli, la-
sciando Giasone nel dolore e nella dispera-
zione di aver perso tutto, moglie, trono e
prole. Medea sale sul carro alato del dio
Sole, lasciando Giasone (un potente Fabio
Guglielmi attraversato da una fatale
trance
in cui quasi si identifica con i figli uccisi)
disperato e tormentato, celebrando per se
stessa una vittoria amara di tormento.
Grazie alla capacità degli attori (molto pro-
fessionali, ma non professionisti), alla co-
involgente voce di Paola Polito e
all’importante introduzione del regista, il
pubblico rivive per una sera il teatro greco
che ci avvicina alla comprensione della
catarsi
aristotelica e mette in luce la so-
stanziale differenza tra la concezione mo-
derna di spettacolo, servito davanti agli
occhi di un pubblico che vede uno scorrere
di immagini, e la concezione ellenica di
spettatore insieme empatico e distaccato.
Per questo durante tutta la rappresentazione
si trova sul palco la figura del meditante
che alla fine evoca un rituale di morte e
purificazione individuale e collettiva, a cui
il pubblico è invitato ad associarsi, parteci-
pando ai momenti di meditazione.
(Foto di Ugo Ugolini)
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