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La piazzetta di Pozzuolo
nera meucci
Sicuramente in ogni paese c’è una
“piazzetta”. Anche a Pozzuolo, un pic-
colo, piccolissimo borgo ce n’è una.
Basta nominare “ la piazzetta” e tutti la
conoscono e sanno dov’è. Certo non è
più quella di cinquant’anni fa, sterrata,
erbosa e quando pioveva fangosa. Non
ci sono più le tenere nonnine, che vici-
no alla cisterna, si ritrovavano per ri-
camare, fare la calza, chiacchierare, ri-
cordare. E nemmeno ci sono più quegli
sciami di bambini rumorosi e festosi
che giocavano insieme, maschi e fem-
mine, divertendosi e ridendo sereni per
ogni piccola cosa. Le mamme li con-
trollavano, pur rimanendo in casa a fare
i loro mestieri o a cucinare, semplice-
mente gettando uno sguardo dalla fine-
stra, perché in piazzetta non c’erano pe-
ricoli e si poteva stare tranquilli. Da al-
lora sono passati tanti anni e la piazzet-
ta è stata testimone dei momenti più
belli e più brutti dei suoi abitanti,
l’hanno attraversata cortei funebri, ma
anche splendide spose felici. La piaz-
zetta ha sempre fatto il miracolo di ren-
dere amici anche persone diverse, fore-
stieri che venivano da lontano. Ora non
c’è più l’erba, ma ci sono tanti bei vasi
di fiori, è in ordine e ben curata, forse
più di allora, ma è diventata silenziosa
e spesso deserta. Le famiglie numerose,
le nonne che ricamano, i bambini che
giocano, dove sono? Li teniamo rac-
chiusi nei nostri ricordi, nei nostri pen-
sieri e anche nei nostri rimpianti.
Appendice
(racconto lungo n°26)
Un occhio all’orologio e via di corsa verso
l’auto. Ci salutiamo davanti alla pensione.
Manca una manciata di minuti alle due,
quando infilo la chiave nella toppa del por-
tone. L’androne e le scale, sono illuminati,
Rita deve avermi visto mentre parcheggia-
vo. Salgo e la trovo sulla soglia di casa, as-
sonnata e infreddolita. Mi sono svegliata e
non eri ancora tornato. Ero preoccupata,
ma adesso che si qui torno a letto. Buona-
notte. Una doccia bollente mi scrolla di
dosso la stanchezza accumulata. Adesso
non ho più sonno. Mi abbandono sulla pol-
trona e accendo la tivù. Scorre il tg della
notte srotolando notizie nella mia totale in-
differenza. La mattina mi trova rattrappito
e dolorante con il gatto che miagola ai miei
piedi. Il giorno dopo e poi anche quelli suc-
cessivi, non ci sentiamo. Non esco, non sto
bene. I vecchi dolori alla schiena si sono
riacutizzati. E’ il tempo, c’è vento di sciroc-
co dice Rita. Guardo il barometro, sta pre-
cipitando verso il basso. Lo squillo del tele-
fono mi coglie di sorpresa. E’ Luigi. Sono a
Pisa, torno domani alle 12,30, ci vediamo
alla stazione di Sarzana. Più che questa no-
tizia, mi rallegra il ticchettio contro i vetri.
Apro la finestra come per abbracciare la
pioggia, ma l’odore pungente che si leva
dal selciato mi prende alla gola come fosse
veleno.
di gfs
(continua)
La via di Lizza
euro puntelli
Sin dai tempi più remoti i Liguri si
servivano della lizzatura per traspor-
tare i materiali di cava, facendoli sci-
volare su travi di legno sostenute da
grossi pioli piantati su massi. A ridos-
so delle cave di marmo nelle Apuane
si possono ritrovare numerose vie di
lizza e anche sul Carpione rimane una
modesta ma interessante traccia di
questa tecnica. Per scoprirla si parte
dalla Serra e si sale fin quasi alle ul-
time case di Via Garibaldi per svolta-
re a destra sul sentiero 469 della sella
del Monte Rocchetta. Siamo nella zo-
na delle Tenerelle che, sin dal nome,
evoca immagini di fiorente crescita
della vegetazione: siamo contornati
da
orti
ben
curati
favoriti
dall’esposizione a mezzogiorno. Alla
nostra sinistra il sentiero è costeggiato
da poderosi muri a secco, mentre a
destra di tanto in tanto appaiono inso-
lite prospettive del borgo di Tellaro.
Per adesso la via sale dolcemente e
pian piano la macchia di mirto e lenti-
sco prende a prevalere sulle piane col-
tivate a ulivo. Si attraversa un implu-
vio e la vegetazione cambia improv-
visamente: siamo in un bosco di lecci
frammisti ad altri alberi d’alto fusto
quali pini e carpini. Quando di fronte
a noi compare una casa diroccata, la
nostra attenzione dovrà farsi più acuta
perché, pochi passi più oltre, alla no-
stra sinistra, su un masso è scavata la
prima coppia di fori circolari, alloggio
per i pioli di sostegno. In realtà la via
di lizza prosegue verso il basso fino
alla sottostante provinciale per Mon-
temarcello a lato di un sentiero ormai
pressoché impraticabile. La salita di-
viene più ardua e, lungo il cammino,
a intervalli abbastanza regolari, com-
paiono altri massi scavati. Si giunge
finalmente alla cava di portorino, me-
ta del nostro percorso: converrà fer-
marsi per osservare i numerosi bloc-
chi squadrati ancora sul posto. Siamo
alla quota esatta di 250 m, come rive-
la un cippo della I Zona Militare ben
visibile sulla destra poco oltre le radi-
ci del Canale di Fiascherino. Se il
tempo non è tiranno, si potrà raggiun-
gere la sella della Rocchetta per una
salita ripida e un po’ infrascata per fa-
re ritorno alla Serra percorrendo
l’Alta Via del Golfo.
Il territorio secondo Gino Cabano
(foto di Giovanni Manfredi)
di gabriella molli
*
Andare con Gino Cabano a esplorare i “luo-
ghi ritrovati” del territorio di Lerici. E’ ac-
caduto questo in uno degli aperitivi d’autore
del carnet estivo predisposto dall’assessore
alla cultura Olga Tartarini. Il luogo era dav-
vero in linea con il tono aperitivizzante: la
enoteca Baroni è stata ideata per raccoglier-
si in beatitudine a gustare (e conoscere) in
modo intelligente il vino del territorio e non
solo. Volti noti di persone che amano il ter-
ritorio hanno frequentato questo cultural-
aperitivo, arrivati anche dalle frazioni vici-
niori. Perchè Gino Cabano ha una cono-
scenza raffinatamente “fisica” dell’ampio
Carpione, delle vallate in cui sono nate le
periferie spezzine, delle colline di Arcola e
Vezzano. Insomma il suo occhio storico è
come quello delle api. E le sue culture sono
varie: ha anche molta esperienza di costumi
di vita, fra cui spicca quello gastronomico.
Sono anni che indaga documenti, raccoglie,
stila appunti. Il piccolo libro “Le terre ritro-
vate. Barbazzano e dintorni” uscito a cura
della società di Mutuo Soccorso di Tellaro
viene dopo tante altre pubblicazioni, tutte di
nicchia perchè introvabili. Da Baroni lo stu-
dioso ha parlato del Codice Pelavicino, ha
dato lettura di documenti, ha reso palpabile
la necessità di creare, come ha sostenuto
l’assessore Olga Tartarini, ulteriori momenti
d’incontro. Gino Cabano ha studiato a fon-
do alcune tipologie specifiche (vedi i cava-
nei), ne ha scritto, attirando l’attenzione di
studiosi di fuori territorio. E ha sue precise
posizioni su alcuni toponimi (vedi campo di
Già, sulla Rocchetta) che attinge da alcuni
collegamenti con il territorio e le sue im-
pronte socio-culturali. Campo di Già, se-
condo la sua interpretazione fa leva sui col-
tivi degli agli e non sulle battaglie nel cam-
po di Giano, legate alla romanità e ai suoi
percorsi, come vogliono altri. Cerchiamo di
far luce, è il suo monito. E di essere esatti
per non portare avanti errori del passato che
si sono consolidati proprio perchè non si
sono fatto raffronti e indagini ulteriori.
*co-autrice con Gino Cabano del libro “Tra lecci e
salmastro, una terra: Lerici”.
Corso di “tedesco” a Lerici
Le lezioni, si terranno presso la Scuola
Statale (Istituto comprensivo)
di Lerici
ogni lunedì dalle 17,00 alle 19,00
costo previsto € 25,00 al mese.